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Channel: Bion – Forme Vitali
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La maggioranza è cattiva

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Le domande che ci assorbono
ci sono state tramandate”
J.Hillman

Uno dei saggi dell’antica Grecia, tale Biante, uno il cui nome non è passato alla storia quanto quello di alcuni suoi colleghi, grandi saggi anche loro (Solone, Talete), un giorno in cui si era recato in visita al tempio di Delfi, fu invitato a scrivere una frase che restasse per i posteri e che fosse un po’ la sintesi della sua saggezza, qualcosa che stesse bene di fianco al famoso Conosci te stesso, di Solone.

Scrisse: Oi plestoi kakoi: La maggioranza è cattiva.

E’ una frase su cui si è discusso un bel po’ e che, dalla maggioranza, è stata tranquillamente rimossa.

Credo si possa dire che, in un certo senso, sia una frase che si rimuove da sola. Se la leggiamo come singoli individui il trucco per farla sparire sullo sfondo è di una facilità imbarazzante: “ Ah già… sì, banale… loro, la maggioranza, sono cattivi… io non sono la maggioranza, io sono io…”. Se invece la “prendiamo in esame” come membri di una qualche parte/partito/fazione, l’armamentario che abbiamo a disposizione per contestarla o per cavalcarla è variegato ed estremamente complesso: ci sono tomi di teoria politica, manifesti di partito, opinioni dei leader, fatti storici (sic), che “dimostrano” quanto la maggioranza di cui si sta parlando sia, a seconda delle intenzioni di chi parla, quella giusta, quella rivoluzionaria, quella per la prima volta nella storia “davvero buona”, oppure, al contrario, sì, quella cattiva che, presto verrà smontata da quella giusta… ecc.

Non credo che Biante volesse che la sua sintesi, incisa nella pietra del tempio di Delfi, venisse usata in questo modo. Credo che se l’aspettasse, naturalmente (ché, sennò, avrebbe inciso qualcosa tipo “la maggioranza è saggia”), ma penso anche che, una frase così possa essere usata come una chiave, uno strumento epistemologico, qualcosa che favorisca il pensiero e che contenga una cura.

Se la maggioranza è cattiva e se prendo per vera questa affermazione devo (dovrei, se decido di fare onore alla mia capacità di pensare):

a) Stare attento alla persistenza delle mie convinzioni: quando un pensiero comincia a soggiornare molto a lungo nella “mia testa”, quando dà inizio ad un movimento di opinione che recluta altri pensieri, quando domina la scena e diventa la lente attraverso cui leggo il mondo… è ora, a quel punto, di chiedermi se non sia il caso di iniziare con un po’ di opposizione, qualcosa che rimetta in discussione il mainstream, la corrente principale che comincia ad “informare tutto il resto”.

b) Chiedermi, ogni tanto, “chi sta pensando questo pensiero?”: tante delle cose che pensiamo sono, come disse Bion, pensieri selvatici, pensieri senza un pensatore e in attesa di un pensatore. Decidere che forse un’opinione non mi appartiene del tutto, che posso ripensarla o che, forse, è solo una scoria che ho raccolto in giro, una di quelle litanie che riempiono, con il loro ronzio, l’alveare, è un buon modo per pensare più densamente e non cadere nella “trappola della maggioranza”.

c) Ricordarmi della Doppia descrizione: posso sempre guardare da un altro punto di vista. Sempre! Posso passare da osservatore ad osservato, da parlante ad ascoltatore, da psicologo/medico a paziente, da politico a cittadino e viceversa. E viceversa! Si può essere empatici ed entrare nel punto di vista dell’altro e bisogna tener presente che, spesso, anche l’empatia è “cattiva”: ci sono volte in cui occorre pensare-contro e anche l’empatia quando diventa maggioranza…

Non sono che esempi di come un buon “tweet” messo su una timeline di 2500 anni fa, se usato come strumento di pensiero possa diventare utile per pensare meglio.

E, a proposito di doppia descrizione, sentite Hillman che parla di un modo di procedere, fuori (come suo solito) dal mainstream, una tecnica diversa per guardare dentro la psiche, un’amplificazione: “Quando facevo il terapeuta, in un’altra epoca, cercavo sempre di saltare la parte sui genitori, anche se era la sola storia che i pazienti volessero raccontarmi: che cosa aveva fatto la madre, che cosa aveva fatto il padre. […] Invece chiedere ai pazienti dei loro nonni e bisnonni, immaginare tutti i bisnonni seduti a un tavolo… Ben otto persone. Mangiavano le stesse cose? Parlavano la stessa lingua? Era possibile che sedessero l’uno accanto all’altro? Il Libro Rosso in cui Jung adotta questo modo poco autobiografico di indagare la psiche mostra l’enorme complessità e le incompatibilità della natura umana; i genitori spesso considerati la causa di tutto sono anch’essi il risultato di quelle tremende incompatibilità. E’ un modo per liberarli.” (Corsivi miei)

E’ un esempio di come si possa, ponendosi una domanda fuori dal comune, allargare la propria visione. Si possono escogitare modi diversi di osservare e si possono creare scenari alternativi: luoghi mai frequentati dove il pensiero possa sgravarsi dai soliti criteri.

Pensate al luogo in cui potrebbero incontrarsi i vostri otto bisnonni. Sarebbe lo stesso posto in cui vivete voi, ora? Sarebbe forse un paese del tutto diverso? Si metterebbero a lottare per dividerselo, cercherebbero di colonizzarlo? Penserebbero al futuro di un loro lontano bisnipote nel momento in cui dovessero prendere una decisione? Seguirebbero l’opinione della maggioranza?

Queste e altre domande creano uno spazio, un luogo da cui guardare. E alcune domande “non sono state risposte”, non hanno avuto risposta. E: “Le domande che ci animano non le abbiamo poste noi. Anche se crediamo di avere la barra in mano, di essere noi a scegliere la rotta, in realtà dovremmo accettare l’idea che è qualcun altro a manovrare il timone.”

Ecco un altro antidoto, una medicina del tutto simile a quella proposta da Biante: chiedendoci a quali domande stiamo cercando di rispondere e chi le ha poste, stiamo uscendo dal recinto o, perlomeno, stiamo rendendoci conto della sua esistenza.

Sono state date delle risposte e non è detto che fossero quelle giuste/non sono state date certe altre risposte/spesso non sappiamo nemmeno le domande a cui si sta rispondendo. La maggioranza considera che le risposte che dà siano le risposte giuste. Facendolo rimuove una quantità di domande. Ma… la maggioranza è cattiva!

Biante

Biante (filosofo)

 


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